21 luglio 2014

Valentina D'Urbano
Il rumore dei tuoi passi

Trama
Longanesi/TEA
pag. 320 | € 10,00 
In un luogo fatto di polvere, dove ogni cosa ha un soprannome, dove il quartiere in cui sono nati e cresciuti è chiamato «la Fortezza», Beatrice e Alfredo sono per tutti «i gemelli». I due però non hanno in comune il sangue, ma qualcosa di più profondo. A legarli è un’amicizia ruvida come l’intonaco sbrecciato dei palazzi in cui abitano, nata quando erano bambini e sopravvissuta a tutto ciò che di oscuro la vita può regalare. Un’amicizia che cresce con loro fino a diventare un amore selvaggio, graffiante come vetro spezzato, delicato e luminoso come un girasole. Un amore nato nonostante tutto e tutti, nonostante loro stessi per primi. Ma alle soglie dei vent’anni, la voce di Beatrice è stanca e strozzata. E il cuore fragile di Alfredo ha perso i suoi colori. Perché tutto sta per cambiare.
E allora mi sono seduta per terra su quella polvere appiccicosa, ho appoggiato la fronte al muro e ho urlato. Ho urlato con quanta forza avevo in corpo, ho urlato fino quasi a strapparmi dalla gola le corde vocali, fino a sentire che mi laceravo dentro, e Alfredo si scomponeva dietro i miei occhi chiusi nello sforzo, aveva tredici anni e i capelli lunghi sulle spalle, nel aveva sette ed era imbrattato di sangue, e poi ne aveva venti e la sua faccia era blu ed era morto da un paio d'ore...e ritornava ancora a nove anni, mi faceva ciao con la manina e si allontanava ridendo, e io non avevo più la sua età, Alfredo bambino salutava i miei ventun anni da lontano, indistinto, terribile, straziante.
Commento
E' da circa un paio di anni che vedo questo romanzo sugli scaffali. Mesi che mi capita di cercarne la trama e segnarlo tra i titoli da leggere. E' stato un caso se l'ho letto, perché - conoscendomi - so bene che se non mi fosse apparso sotto gli occhi in biblioteca non lo avrei mai acquistato. Nemmeno la trama che si trova online (che sa vagamente di new adult) ha saputo convincermi.
Eppure un pomeriggio in biblioteca mi sono girata verso l'uscita e l'occhio mi è caduto sugli scaffali degli autori italiani, ed eccolo lì, di traverso con la copertina che mi fissava.
Adesso che l'ho finito mi viene quasi da dire che se lo stavo evitando forse una ragione c'era. Perché questo romanzo è cattivo. Cattivo da farti male, un male serio, che ti stordisce e ti risucchia tutto il buon umore e la felicità dell'atto di leggere, ti toglie il brivido della curiosità e ti rinchiude in un buco oscuro di incertezza prima e disperazione poi, un tunnel buio, sporco, umido, senza uscita e senza lieto fine.
Una cosa è da dire subito, prima che la trama e la copertina possano creare un'immagine distorta del romanzo: non siamo in ambiente frivolo da new adult, non siamo nella narrativa esistenziale vagamente stucchevole con protagonisti adolescenti, levatevi dalla testa l'idea romantica di una storia d'amore. I protagonisti saranno anche giovani, ma non hanno niente dei romanzi che vanno tanto di moda adesso e che, ora più che mai, assumono nella mia esperienza un ruolo puramente di evasione e di relax.
L'amore che la D'Urbano ha creato è un legame viscerale che supera ogni definizione, è un'estensione del proprio essere, un parte del corpo, dell'anima, un organo vitale importante quasi quanto il cuore. Ma l'amore non è sempre felice, non è sempre puro né spensierato perché capita che venga sporcato dalle circostanze, dalla vita, dalla sfortuna.
Leggere Il rumore dei tuoi passi è stata un'esperienza strana, contorta, perché più le parole mi facevano soffrire più leggevo veloce, più mi era difficile staccarmi dalla storia. E' stato come se anche io fossi un'abitante della Fortezza, senza scampo e senza futuro, con un unico motivo per andare avanti: chiudere questa storia e lasciarmela alle spalle il più velocemente possibile. Proprio come per Beatrice.
Bea, protagonista e voce narrante, entra in scena per sbatterci in faccia la conclusione - inevitabile - del racconto. E' la prima cosa che ci dice, la prima che ci vuole far sentire come se sconvolgere il lettore e chiarire l'aria che tira siano più importanti dell'introduzione. Ma non serve che l'autrice o Bea ci accompagnino nella storia perché è la storia che si impone, ruba l'aria, cancella ciò che ci circonda. E' un'ambientazione viva e forte, quella della Fortezza, non solo uno sfondo ma un giocatore decisivo che influenza in silenzio le scelte dei personaggi, i loro sogni e i loro errori. Così Bea non è una giovane donna, è una sopravvissuta della Fortezza, una creatura nata, cresciuta, plasmata da una realtà degradata e da una microsocietà che ti insegna a resistere a tutto, a sopravvivere a tutto, a credere solamente nel momento e mai nel futuro. Per questo Bea è così cinica, egoista, insensibile, una bambina che pretende di ottenere ciò che vuole, un'adolescente che schiaccia i desideri altrui per favorire i propri, una giovane donna che non si guarda indietro se non per dire addio. Bea può non piacere ma la sua forza è innegabile, le sue motivazioni salde.
D'altronde quando una parte di te, quella che pensavi di avere per sempre, si stacca un pezzettino alla volta è difficile evitare l'amarezza. Alfredo, il suo 'gemello', la sua estensione, il suo organo esterno, il suo amore, è ciò che la vita le ruba, ciò che le circostanze cambiano e poi rovinano. E' un cretino Alfredo, un ragazzino passivo e debole, bisognoso della solidità di Bea ma immune al buon senso. Povero Alfredo, così ingenuo e tenero e così egoista, cattivo, senza speranza. Alfredo è il lato oscuro dell'amore, quello che ti regala pochissime gioie - luminose, pure, potenti - ma tantissimi dolori e delusioni a non finire.
E' un romanzo molto duro, molto forte ma molto bello. Racconta una storia fin troppo reale e una versione dell'amore che normalmente non viene presa in considerazione. E' scritto benissimo, con una scelta lessicale adatta ai personaggi e alla loro estrazione sociale, ricco di scene semplici ma d'effetto, di dialoghi che scavano pian piano un buco nel cuore del lettore e che - a libro chiuso - ti rimane in circolo per giorni. Io ci ho messo almeno una settimana per uscire dallo stato d'animo distruttivo che il romanzo mi aveva lasciato e ho dovuto sforzarmi perché la tristezza non mi influenzasse nella vita quotidiana. Non mi capita spesso che una storia cambi il mio umore eppure la D'Urbano ci è riuscita. Se non avete lo stomaco giusto, il romanzo non fa per voi. Ma se non avete paura di uscire dal guscio sicuro dei meavigliosi mondi incantati allora buttatevi e preparatevi ad una caduta dolorosa.

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