9 giugno 2016

Alice Basso
Scrivere è un mestiere pericoloso

Serie Vani 2

Trama
Garzanti | pag. 341 | € 16,40
Un gesto, una parola, un'espressione del viso. A Vani bastano piccoli particolari per capire una persona, per comprenderne il modo di pensare. Una dote speciale di cui farebbe volentieri a meno. Perché Vani sta bene solo con sé stessa, tenendo gli altri alla larga. Ama solo i suoi libri, la sua musica e i suoi vestiti inesorabilmente neri. Eppure, questa innata empatia è essenziale per il suo lavoro: Vani è una ghostwriter di una famosa casa editrice. Un mestiere che la costringe a rimanere nell'ombra. Scrive libri al posto di altri autori, imitando alla perfezione il loro stile. Questa volta deve creare un ricettario dalle memorie di un'anziana cuoca. Un'impresa più ardua del solito, quasi impossibile, perché Vani non sa un accidente di cucina, non ha mai preso in mano una padella e non ha la più pallida idea di cosa significhino termini come scalogno o topinambur. C'è una sola persona che può aiutarla: il commissario Berganza, una vecchia conoscenza con la passione per la cucina. Lui sa che Vani parla solo la lingua dei libri. Quella di Simenon, di Vázquez Montalbán, di Rex Stout e dei loro protagonisti amanti del buon cibo. E, tra un riferimento letterario e l'altro, le loro strambe lezioni diventano di giorno in giorno più intriganti. Ma la mente di Vani non è del tutto libera: che le piaccia o no, Riccardo, l'affascinante autore con cui ha avuto una rocambolesca relazione, continua a ripiombarle tra i piedi. Per fortuna una rivelazione inaspettata reclama la sua attenzione: la cuoca di cui sta raccogliendo le memorie confessa un delitto. Un delitto avvenuto anni prima in una delle famiglie più in vista di Torino. Berganza abbandona i fornelli per indagare e ha bisogno di Vani. Ha bisogno del suo dono che le permette di osservare le persone e scoprirne i segreti più nascosti. Eppure la strada che porta alla verità è lunga e tortuosa. A volte la vita assomiglia a un giallo. È piena di falsi indizi. Solo l'intuito di Vani può smascherarli.
Ho la grazia di un minatore e il linguaggio di un ergastolano. Modestamente, sono la creatura meno frivola e leziosa di mia conoscenza. Tutto questo per dire che sarei una candidata naturale al saper sparare, cazzo. Se questo fosse un mondo giusto, se andasse come nei libri, io sarei il tipo di persona che prende in mano una pistola e dal nulla, senza il minimo sforzo, infila una serie di proiettili al centro esatto del cuore della sagoma, per poi abbassare l'arma - dalla quale uscirebbe un artistico ricciolo di fumo - e dire con una scrollata di spalle: "Che c'è? Era facile". Questo dovrebbe accadere. Invece la prima volta che sono stata al poligono di tiro di Torino ho sparato all'aria. Così, come una pivella.

Commento
Come to the Vani side, we have sarcasm.
Sul serio, ci ho messo cinque minuti per scegliere la citazioni perfetta e, anche così, ho dovuto tagliare tagliare tagliare perché, fosse stato per me, avrei inserito due pagine intere.
Ragazzi è difficilissimo. Scrivere è mestiere pericoloso è un'unica, lunga, gigantesca citazione, it's that good.
Bene, in onore della settimana Sarca/Basso, eccomi qui con il commento al secondo romanzo della serie Vani e, once again, mi prostro davanti all'altarino di Silvana Sarca.
Corro il rischio di sembrare una specie di seguace prezzolata, ma giuro che sono sincera. Questa ragazza merita di essere letta (la Basso, non Vani), perché è una persona deliziosa. Lo è sul serio, è divertente, è interessante, è brillante e scrive bene. Ho potuto incontrarla durante un evento organizzato da Garzanti e me la sarei messa in tasca e portata a casa.
Però, per quanto una persona possa starci simpatica, è il romanzo che deve lasciare il segno e questo lo fa. 
Scrivere è un mestiere pericoloso inizia subito dopo il primo romanzo, L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome, tant'è che ci sono molti richiami alle vicende già sviluppate, eppure non si guarda indietro. E' un nuovo inizio, una nuova avventura, un nuovo capitolo della vita di Vani e subito è pieno di entusiasmo - oscuro e cinico, ma pur sempre entusiasmo -, di avventura e di nuove - gasp! - emozioni.
Per un attimo ho avuto il terrore che Alice Basso avesse corretto il tiro, ammorbidendo i numerosi spigoli di Vani, addolcendo la sua asprezza e moderando il suo cinismo. No, state tutti tranquilli, Vani è sempre la nostra campionessa di sarcasmo, cinismo, acidità, battute cattive e pensieri oscuri. Ma c'è un lievissimissimo cambiamento, una briciolina di normalità che si sta insinuando nella mente di Sarca, un embrione di emozioni che ogni essere umano dovrebbe provare.
Dal pensare se solo me ne fregasse al pensare cazzo, che palle.
Incredibile quanto le cose che razionalmente sai benissimo ti si cancellino dal cervello quando sei travolto dalle emozioni. Neuroni contro ormoni: sempre una carneficina, e i buoni non vincono quasi mai. Okay, ora lo so. Il che non mi impedisce di continuare a vergognarmene, naturalmente.
Ma, per fortuna, a questo punto si arriva con i dovuti modi e con il dovuto tempo e, sì, anche grazie ad un paio di personaggi che tirano fuori le armi pesanti.
Mentre il primo romanzo era una specie di valanga velocissima, un fiume in piena che ti trascinava fino alla fine - un po' sballonzolata e divertita dalla corsa, il secondo è più moderato, concentrato, focalizzato su un unico genere con qualche sbavatura verso altri. Scrivere è un mestiere pericoloso è, secondo me, decisamente più giallo, più dedicato all'aspetto investigativo e al poliziesco.
E' un male? No, non lo è. Anche se il ritmo è più lento - per quanto possa esserlo un romanzo della Basso - la storia è altrettanto coinvolgente e divertente e non risente del fatto di essere un secondogenito.
A questo giro Vani è alle prese con un lavoro che la mette di fronte ad una delle sue nemesi: il fornello. Su richiesta del suo editore, Vani deve intervistare una cuoca ormai avanti con l'età e mezza rimbambita per carpirle tutte le ricette che ha cucinato durante la sua lunghissima vita alle dipendenze della famiglia Giay Marin, storico nome della moda di lusso torinese.
Se non fosse che, come per ogni cosa, Vani deve imparare - materialmente, non solo teoricamente - l'argomento di cui deve scrivere, il lavoro con Irma non sarebbe poi così pessimo. Dalla sua parte ha anche il mitico commissario Berganza che sfoggia un lato domestico degno di uno dei personaggi di gialli che tanto apprezza e che spignatta con destrezza tra una frittata e la bagna cauda neanche fosse uno chef stellato (e qui la mia adorazione per Berganza è arrivata a livelli pericolosissimi).
Tutto normale, quindi, finché Irma, la dolce cuoca che è una Vani da vecchia, sgancia una bomba che rischia di far crollare le fondamenta della società di Torino. Perché secondo la dolce cuoca rimbambita, non è stato Aldo Giay Marin a uccidere il fratello Adriano, ma lei.
Per la nostra Vani si scontrano i suoi due lavori: scrivere il libro e indagare per conto di Berganza, tra una lotta con la coautrice rosa confetto e domande piazzate ad arte a tutti quelli che le capitano a tiro e, ragazzi, se se la cava alla grande. Tra il suo intuito, l'esperienza e la competenza di Berganza, Vani arriva un pezzettino alla volta alla risoluzione del caso, con tanta pace della sottoscritta che è riuscita a seguire passo passo ogni ragionamento, ogni tassello che trovava il suo incastro e a chiudere il romanzo con la meravigliosa soddisfazione di aver capito la storia senza il minimo tentennamento.
Scrivere è un mestiere pericoloso è un giallo for dummies alla portata di tutti - quindi perfetto per me-, un investigativo che non si atteggia e non pretende di annodare una questione per renderla più interessante perché, come dice Berganza, i criminali sono sempre gente banale.
Lo so, lo so, le romanticone avranno un chiodo fisso che vorranno chiarito per dormire sonni sereni. Sì, Riccardo Randi torna sulla scena ma - e sottolineo ma - non è tutto rose e fiori per il nostro charmant, visto che Vani ha cominciato a subire il fascino indiscusso del cervello di Berganza. Per quanto mi riguarda, Riccardo può anche tornarsene da dove è arrivato e lasciare che Vani esplori la sua nuova capacità di provare emozioni con altre persone, certo è che dovrò accettare qualsiasi decisione la Basso abbia preso riguardo questo aspetto.
Menzione speciale per Ivano, il nipote di Berganza, che è alla pari con Morgana nel cuore di Vani. Oddio, forse ho esagerato, ma l'impressione che ho avuto è questa. A me fa un sacco di tenerezza perciò decido che è importante, e vediamo se verrò smentita.
In sostanza adesso che succede? Mi dedico alla scoperta dei gialli? Manco morta! Mi metto pacifica in attesa del terzo romanzo di Alice Basso nella speranza che mantenga il ritmo di un romanzo all'anno e, nel frattempo, sostengo e diffondo l'hashtag #TeamBerganza.

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