13 marzo 2017

K. A. Tucker
La ragazza che amava la pioggia

Serie Burying Water 2
Titolo originale Becoming Rain

Trama
Newton & Compton
ebook | € 4,99

Luke Boone non sa esattamente di cosa si occupi suo zio Rust, ma è deciso a entrare nello stesso giro per avere ciò che ha lui: auto, soldi, donne. E sembra che il suo desiderio si stia finalmente realizzando. Quando Rust gli consegna le chiavi del garage, c'è un secondo mazzo che apre la porta a tonnellate di denaro e opportunità. Certo, si tratta di affari non esattamente legali, ma Luke non è mai stato il tipo che si preoccupa per questo genere di cose. Soprattutto quando in ballo ci sono una Porsche 911 e una ragazza mozzafiato di nome Rain. Clara Bertelli è una ragazza in carriera: a soli ventisei anni è uno dei migliori agenti sotto copertura della polizia di Washington, e le hanno appena affidato un caso che potrebbe far schizzare la sua carriera e incastrare una delle più famigerate bande di ladri d'auto della costa occidentale. Per riuscire però, dovrà calarsi molto a fondo nel personaggio di Rain Martines. Il suo obiettivo? Il nipote ventiquattrenne di un pezzo grosso, pronto a seguire le orme di suo zio. Mentre Clara scivola sempre più nella lussuosa vita di Rain, e tra le braccia del suo bellissimo e affascinante obiettivo, il confine tra giusto e sbagliato inizia a farsi confuso. Sarà capace di lasciarsi tutto alle spalle? E lo vorrà davvero?
Mi concentro sul muschio che cresce tra le pietre ai miei piedi, incerta su cos'altro dire, a parte: "Il mondo ha bisogno di pioggia."
"Be', io ho te. Conta lo stesso?" Quando oso alzare la testa scopro che i suoi occhi non guardano gli alberi, né le pagode. Guardano me.
Commento
Dopo la batosta di Bad Love (potete leggere il mio momento post traumatico qui) avevo quasi paura di sbagliare scelta e iniziare un romanzo che mi avrebbe solo sepolta ancora di più nel buco nero della disperazione. Per fortuna, insieme a Bad Love ho ricevuto altri ebook delle novità di Newton & Compton, per un totale di cinque compresa la Crownover. Avendo spuntato Bad Love dalla lista senza gradirlo particolarmente, ed essendo moralmente costretta a proseguire la lettura delle novità, mi è salita l'ansia perché temevo la disfatta, temevo una seconda delusione, temevo di perdere lo slancio e il ritmo di lettura che ho consolidato da inizio anno.
Non mentirò, ho avuto un momento di crisi serio perché non avevo voglia di leggerne nemmeno uno nonostante li avessi chiesti io e per questo mi sono sentita una cacca. Poi ho pensato, ma tra tutte le autrici che ho chiesto ce ne deve essere almeno una che sono sicura mi aiuterà ad uscire dal pantano. E al posto di una, ne ho trovate ben due, ma mi sono lasciata tentare dal romanzo più drammatico, più impegnativo, quello che avrebbe dovuto darmi una bella batosta e farmi dimenticare l'esperienza precedente.
Non so cosa mi fosse preso, perché non è mai stata mia abitudine dubitare di K.A. Tucker. Mai. Questa autrice non ha fatto che sfornare ottimi romanzi - alcuni migliori di altri - ed è rimasta nel mio cuoricino con 99 Giorni, del quale ho ancora un ricordo più che positivo, ed essendo La ragazza che amava la pioggia il suo seguito non ho nemmeno preso in considerazione gli altri romanzi, ho semplicemente aperto questo e iniziato a leggere.
Mi sembra doveroso aggiornare sulla mia situazione: con La ragazza che amava la pioggia non solo mi sono ripresa alla grande, ma ho anche superato alcuni blocchi che ad oggi non avevo ancora affrontato. Perché se non ci fosse stato il nome di K.A. Tucker sulla copertina col cavolo che avrei letto questo romanzo. O meglio, forse lo avrei letto dopo aver ricevuto una quantità assurda di ottime referenze, in ogni caso non lo avrei mai preso in considerazione.
Perché? Perché normalmente non mi piacciono le storie con situazioni come questa, poliziotta infiltrata e delinquente troppo buono; mi irritano tremendamente, mi sembrano sempre troppo campate per aria e invariabilmente tendo a non sopportare il protagonista maschile e a odiare le circostanze che portano la poliziotta buona a seguire il cattivo.
Non è stato questo il caso, perché La ragazza che amava la pioggia è una versione meno pesante di 99 Giorni ma ha la stessa drammaticità, la stessa sensazione di disfatta imminente, la stessa trama che sembra portare ad una catastrofe emotiva epocale (my kind of story, btw), lo stesso impatto emotivo e lo stesso coinvolgimento. Il mezzo attraverso il quale avrei ottenuto la mia dose di angst letterario è stato uno di quelli che di solito evito, ma la Tucker ha saputo convincermi, ha saputo farmi passare il fastidio e farmi concentrare totalmente sui due personaggi e per niente sulle questioni formali che hanno sostenuto tutta la struttura della trama.
Luke Boone, l'amico di Jesse, il ragazzo viziato, quello abituato alla bella vita e a non chiedersi mai da che parte arrivino tutti questi soldi, ha deciso di compiere il passo successivo e di farsi coinvolgere attivamente dagli affari dello zio. Luke è diventato avido di soldi e di potere, vuole di più, vuole smettere i panni del nipote da mantenere e vuole prendersi il ruolo di erede di Rust. Gli piace pensare che sia tutto leggermente fuori dalle regole, che nessuno si faccia male e che - un po' alla Robin Hood - solo chi può permetterselo entri nel mirino dell'impresa di famiglia. Quello che Luke decide di non vedere è la parte sporca, quella vera, dura e cruda dell'organizzazione, e finché non la vede e finché lui non ci è dentro fino al collo va tutto bene, no?
Invece no, perché Luke è il punto debole della catena, sa qualcosa ma non tutto, è facile da leggere, facile da manipolare, e il suo ruolo di protetto lo rende il candidato ideale per cominciare a smontare la struttura dalle sue fondamenta. Ed è qui che entra in scena Clara, agente sotto copertura alla sua prima vera missione importante, quella che la lancerà tra i candidati favoriti per entrare nell'FBI. Clara gioca la carta della bellissima ragazza ricca e annoiata, la preda perfetta per Luke che non si tira indietro di fronte alla sfacciata seduzione di Clara. Sotto il falso nome di Rain - pioggia, appunto - Clara ha il compito di diventare la nuova conquista di Luke, stargli appiccicata per registrare ogni singola parola compromettente, raccogliere abbastanza indizi perché le indagini vadano avanti e perché i suoi capi possano finalmente e una volta per tutte distruggere l'impero di Rust.
Quello a cui Clara non era pronta è che Luke, nonostante sia chiaramente debole di fronte ai premi scintillanti di questa vita, sotto sotto è insicuro e non ha ancora preso coscienza che una volta dentro non se ne esce più. Ogni tanto la sua coscienza si sveglia ed è allora che Clara vede che, sotto allo strato splendido del ragazzo ricco, c'è una persona che è stata cresciuta e plasmata a immagine e somiglianza dello zio, un giovane che per amore fa fatica a mettere in dubbio la fiducia che ripone in Rust. Ed è facile per Clara affezionarsi a quel Luke, ed è facile aggrapparsi a quei singoli momenti per spingerlo lontano dal baratro. Ci sono tanti passi falsi, ci sono tanti errori tra entrambe le parti, ma Clara non perde di vista mai il suo obiettivo, solo cerca di attutirne il colpo.
Il problema principale, per me, sarebbe stata la credibilità dei sentimenti di Clara, temevo che non ci fosse spazio per uno sviluppo coerente e credibile e soprattutto che il finale fosse forzato, troppo calcato perché poi tutto si unisse in modo fluido. Naturalmente non avevo ragione di tirarmi così tante storie: Clara è un bel personaggio e non cade mai nel cliché della donna poliziotto dura, la badass che risolve tutto e salva capre e cavoli. Lei è solo una piccola pedina nel gigantesco sistema di indagine ed è per questo che rimane sempre stabile e coerente con se stessa, com'era all'inizio, così è alla fine. E' in Luke che si vede il cambiamento più importante, invece. E' lui che cambia impostazione mentale, cambia visione del mondo e delle cose, cambia priorità e interpretazione ed è sempre lui che, alla fine, accetta la situazione con una dignitosa rassegnazione: me la sono cercata, ora faccio quello che devo anche se fa male.
Ammetto che avrei preferito un epilogo meno frettoloso, perché a me piace sempre soffrire e avere uno stacco temporale lungo è sempre fonte di grandi soddisfazioni in un romanzo del genere, eppure la Tucker non ci ha pensato due volte, perché una volta eliminato l'ostacolo e una volta lasciati i personaggi a crescere, non serve gingillarsi e spara il lieto fine con sorprendente leggerezza. Del resto tutto il romanzo è un lungo - oh, così dolce - soffrire, con tanto di consapevolezza che le cose prenderanno presto una bruttissima piega e lacrime scorreranno. Quanto mi piace.
Quindi sì, La ragazza che amava la pioggia è stata la botta di vita di cui avevo bisogno, la dose di angst che mi mancava da troppo e la buona versione di una struttura che generalmente evito come la peste. La Tucker, del resto, è una delle poche autrici che sanno essere veramente stabili, sicure, qualitativamente sempre eccellenti e che mai si ripetono: onestamente non siamo ai livelli di 99 Giorni ma si è vicini, molto vicini e ho come l'impressione che se mai dovesse andarci ancora più pesante mi troverete in una pozza di lacrime con il sorriso sulle labbra e il cervello ubriaco di endorfine. Alza la posta, K.A., io sono pronta.

Nessun commento: